Le natività nell'arte




Come ormai sanno anche i sassi, il Natale ha preso il posto della precedente festività del Sol Invictus molto cara ai romani di quei secoli, che cadeva giusto alla fine di dicembre in prossimità del solstizio di inverno.

Conosciamo anche molto bene le derivazioni post moderne del Natale, in chiave consumistica, il ruolo della Coca Cola nella creazione di Babbo Natale (che poi era San Nicola), i film e filmacci ditutti i tipi, Michale Bublè, i conservatori che vogliono il presepio e tutto il baillamme che prevede la versione postmoderna di qualsiasi cosa.

Di tutto questo non parleremo in questo post. 

Ci concentreremo su come, nel corso dei secoli, si sia evouta la rappresentazione grafica (pittorica e scultorea) del triste presepio con la carta stagnola che tenete in casa.


Una storia decisamente molto interessante dal punto di vista artistico. 

Va da sé che questo è un excursus che non ha, né può avere, pretese di completezza. Mi sono limitato a mettere in ordine cronologico alcune opere che conoscevo, altre che ho trovato, e farne un racconto spero abbastanza coerente. 

Un testo che è stata una preziosa fonte di ispiazione storica e iconografica è “Il presepe nell'arte” di Rosa Giorgi.


Partiamo con una notizia che a qualcuno forse stupirà: nonostate la sua immensa popolarità, in Natale non è la festa più importante dei cristiani.

La festa più importane per i fedeli di questa religione è la Pasqua, che racconta la sconfitta della morte da parte del fondatore della religione medesima, Gesù Cristo.

Delle rappresentazioni delle resurrezioni ne abbiamo già parlato qui.


La rappresentazione della natività come la conosciamo, coi pastori, la cometa e tutto il resto, arriverà a medioevo inoltrato, nei primi secoli del Cristianesimo, le rappresentazioni dell'evento non sono numerosissime.


Un' altro aspetto che è giusto premettere, se no non si capiscono molte immagini che vedremo, è che per tanto tempo la rappresentazione della natività doveva per forza parlare, tra le righe, di morte.


Della morte del protagonista, premessa indispensabile per la resurrezione che, come dicevamo, è l'evento teologicamente più importante del cristianesimo.


Dunque le intenzioni degli artisti erano quelle di rendere “eccezionale” un evento direi piuttosto normale come la nascita di un bimbo, fosse pure in una stalla, fosse pure in una mangiatoia che, per chi non lo sapesse, è la traduzione dal latino di “presepio”.


Quindi per molti secoli, parola d'ordine: tanto simbolismo e poco sentimentalismo.


Però, a sorpresa, si parte con un colpo di scena sentimentalistico: la prima natività conosciuta è quella nella catacombe di Priscilla, ed è una tenera immagine di madonna con bambino.




L'immagine risale al terzo secolo, la scena è essenziale: la madre tiene in braccio il bambino che guarda verso di noi. 

Sulla sinistra un misterioso personaggio indica la stella cometa, rappresentata senza coda, che per me sembra anche un po' un sole, quasi a voler creare continuità con la tradizione del Sol Invictus.

No, il personaggio non è San Giuseppe, e nemmeno un Re Mago, ma il profeta Balaam, rappresentato graficamente mentre espone profezia a lui attribuita nel libro dei Numeri : 

una stella spunta da Giacobbe, uno scettro sorge da Israele” (Numeri 24,17).


La principale preoccupazione di questa prima natività è dunque rappresentare una continuità con delle tradizioni precedenti.


Nel IV secolo iniziano a comparire natività scultoree con delle caratteristiche piuttosto peculiari: il bambino è gigantesco!

Questa è la Natività dal sarcofago di Stilicone, IV secolo ( Basilica Sant'Ambrogio, Milano)




Oltre ad essere enorme, è pure avvolto in un panno, e rappresentato per lungo.

Di consequenza la stessa mangiatoia è paricolrmente grande.

Non è certo una rappresentazione che ricorda una nascita, al contrario il protagonista sembra un cadavere steso in una tomba, la stessa mangiatoia ricorda più un altare sacrificale.

Tutto ciò è assolutamente normale e voluto.

Come si accennava prima, la nascita di Gesù deve richiamare alla sua morte, al suo sacrificio. In queste prime rappresentazioni questo aspetto è quello che domina su tutti gli altri.



Natività sarcofago Adelfia, IV secolo (Museo Archeologico Paolo Orsi, Siracusa)



 Natività di Arles , IV secolo (Arles, Musèe Departemental de l'Arles antique) 


Già in queste antiche rappresentazioni vediamo fare capolino i due animali più famosi del presepio, il bue e l'asinello.


Addirittura nel sarcofago di Stilicone viene preferita la presenza dei due animali a quella della Madonna e San Giuseppe.


La cosa dovrebbe sembrare un po' strana.

Perchè mettere il bue e l'asinello, che ricordiamo solo come aspetti anedotici e pittoreschi del presepe.

Iniziamo col dire che non è affatto vero, come si legge da tante parti sul web, che i due animali furono frutto della fantasia di Francesco d'Assisi quando “inventò” la composizione del presepe come la conosciamo.

Come possimao vedere i due animali erano già nei pressi del bambinello dal IV secolo.


La tradizione viene dal vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo (nei vangeli canonici non si parla di nessun animale):


«Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l’asino l’adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: “Il bue riconobbe il suo padrone, e l’asino la mangiatoia del suo signore”. Gli stessi animali, il bue e l’asino, lo avevano in mezzo a loro e lo adoravano di continuo. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Abacuc, con le parole: “Ti farai conoscere in mezzo a due animali”.


Il testo ebraico in realtà diceva "ti farai riconoscere in mezzo a due epoche", frase che avrebbe decisamente più senso, ma chi tradusse dall'ebraico al greco confuse ζῴων ("animale") con ζωῶν (epoca).


Capita.


Ma perchè bue e asinello?

Per via di un altro passo della Bibbia in cui il profeta Isaia diceva “«Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende”.


A Castelseprio, in provincia di Varese, c'è un ciclo di affreschi datato tra l' 850 e il 950.




E' molto interessante vedere come cambia la rappresentazione della natività.

In questa rappresentazione viene evidenziata la divina maternità di Maria, diventato dogma già dal Concilio di Efeso del 431 ed elaborato nei secoli successivi.

Si vedono le puerpere, i pastori, Giuseppe defilato (che tornerà in molte altre rappresentazioni), a rappresetare il fatto che fosse il padre del pargolo, ma “non troppo”.


Il pittore del ciclo di affreschi veniva dall'area bizantina (Grecia o area balcanica), in un periodo in cui molti artisti orientali lasciavano le loro terre d'origine per andare verso occidente. Erano gli anni in cui nel mondo bizantino venne fortemente messa in discussione la rappresentazione del sacro attraverso le immagini (“crisi iconoclastica”), una delle cause che portarono poi al Grande Scisma del 1054.


Nel secolo successivo la rappresentazione della natività segue un codice ben preciso: Madonna stesa in un lettino come una nobile dell'antichità, il divin pargolo in una mangiatoia rialzata a mo di altare e avvolto nei soliti panni che ricordano i defunti, San Giuseppe al lato della scena, sempre con la mano appoggiata al volto, che ricorda la rappresentazione della malinconia, che poi troveremo in tante rappresentazioni artistiche di questo stato d'animo (come “Melancolia” di Dürer del 1514), il bue e l'asinello, che spuntanto sempre anche in maniera buffa o irrealistica direttamente nella mangiatotia.



Pala di altare Klosterneuburg 1181



Natività Salterio di Ingeborg 1215



Giuseppe continuerà ad avere un ruolo defilato per tantissimo tempo ancora, come un elemento della composizione il cui centro rimane la Madonna sdraiata per lungo e il bambino fasciato nell'altare. Era importante che si capisse chiaramente che Giuseppe non aveva avuto un ruolo attivo nel concepimento del divino infante.


All'inizio del Trecento Giotto realizza due Natività, una nella Cappella degli Scrovegni a Padova (nel 1305 circa) l'altra nella Basilica inferiore di San Fancesco in Assisi (nel 1313).





La versione padovana risulta più naturale, con Maria (sempre stesa) che depone il bambino nella mangiatoia assieme alla levatrice, in un gesto molto naturale e tenero. Bue e asinello non spuntano dal nulla, ma sono addirittura rappresentati un po' di spalle, bene inseriti nello spazio. Il solito Giuseppe appartato che dorme con la mano sempre appoggiata al volto. Gli angeli in diverse posizioni ed espressioni danno un senso di dinamismo, uno di essi dà l'annuncio ai pastori.



              

La versione assisiana, anche se dipinta dopo, è meno rivoluzionaria della precedente. Gli angioletti sono simmetrici e preganti nella stessa posizione, direi pure troppi, e persino dentro la grotta. Il bue e l'asinello tornano dietro la mangiatoia, l'asinello sembra particolarmente felice. San Giuseppe, stessa posizione, stavolta pare che non dorma, ma sembra un po' contrariato.

Sembra che la Madonna abbia avuto un parto gemellare, perchè i bambinelli sono ben due, uno tenuto in braccio dalla madre, l'altro lavato dalle levatrici. Ovviamente il bambino è solo uno, ma in quel periodo si rappresentavano diversi momenti di una storia nella stessa immagine.


La madonna sdraiata e Giuseppe appartato resisteranno per tutto il Trecento fino ai primi del Quattrocento.






 Nella “Natività con profeti Isaia e Ezechiele” di Duccio di Boninsegna (1308/1311), la capanna è centrale, non perfettamente riempita (c'è parecchio spazio nero sulla destra), bue e asinello compaiono solo con le teste da dietro la mangiatoia-altare, Giuseppe addirittura fuori dalla capanna, ma stavolta senza mano appoggiata al volto, la madre nobilmente stesa e pure emotivamente piuttosto distante.


Le miniature tardogotiche accentueranno la natura nobile di Maria. 

In epoca tardo gotica la figura femminile è molto idealizzata, nella poesia come nell'arte.

Lo storico dell'arte Hauser, autore di “Storia sociale dell'arte” spiega questa esaltazione della figura femminile in epoca gotica col fatto che molti re e signori in quell'epoca erano impegnati nelle crociate e dunque le figure di riferimento dei sudditi dei vari reami erano le consorti e le regine, da qui l'esaltazione della figura femminile in termini di grazia e regalità.

Non so se questo sia vero, ma credo che qualcosa di plausibile possa essere successo.


Un atteggiamento sicuramente regale e nobile, mi viene da dire persino un po' snob, di sicuro ce l'ha la Madonna della Natività della Bibbia di Guyart des Moulins del 1404.





Sicuramente l'intento del miniaturista era quello di rendere l'immagine di una Madonna contemplativa, ma vista oggi sembra davvero annoiata.

Essa sta comodamente a letto intenta a leggere, lo sguardo verso il pargolo.

Il quale, debitamente insaccato come un morto nella mangiatoia-altare, sta lì rigido come un salame e francamente ridicolo.

I due animali con sguardo cartoonesco dietro la mangiatoia rendono la scena ancora più buffa.

Giuseppe in scala minore, posizione maliconica, ai piedi del letto della Vergine.


Dunque potremmo riassumere che la rappresentazione della natitivà, dal V al XIII secolo abbia seguito questi criteri: inizialmente la scena era occupata quasi esclusivamente dal solo bambinello-mummia.

A partire dall'arte bizantina il ruolo centrale della Natività è della madre, che occupa anche visivamente gran parte della scena.


Quando inizia dunque la rappresentazione col bambinello al centro della rappresentazione con Maria e Giuseppe ai lati e poi tutti gli altri personaggi attorno?


Direi nel Quattrocento, quando si inizia a rappresentare il bambinello come oggetto di venerazione che sta al centro della scena.

All'inizio del Quattrocento il bambinello è ancora nella mangiatoia con la mamma, Giuseppe in certe scene smette di stare di lato tutto ingrugnato e inizia a rendersi utile.

Giuseppe insomma! Non hai contribuito al concepimento, almeno fai qualcosa adesso!


Konrad Von Soest nella sua Natività del 1403 (che fa parte di un trittico più ampio) rappresenta un San Giuseppe intento a badare al fuoco.





La Madonna è sempre ben stesa sul letto, ma non apatica di quella della Bibbia di Guyart, anzi qui tiene teneramente in braccio il figliolo, non più fasciato, ma finalmente libero da teli.

Il bambinello inizia ad essere rapprestato nudo, spesso col sesso in evidenza. Anche questo non è casuale. Se il bambinello fasciato doveva ricordare il futuro sacrificio, il bambinello nudo doveva ricordarne la natura umana, assieme a quella divina.


La natura divina inizia ad essere evidenziata anche con la sua esplicita adorazione da parte degli altri componenti della scena.


Nella miniatura delle Ore di Bruxelles (circa1400), il bambinello è ancora nella mangiatia con la madre, che non è più stesa, né lo regge materna, ma lo adora. Giuseppe, anche qui, si rende utile portando un panno.




Nei decenni successivi si toglie il bambinello dalla mangiatoia, magari a volte si mette un po' di paglia sotto, ma lo si butta praticamente a terra, tutto nudo, e tutti attorno ad adorarlo.


"Natività" di Petrus Christus (1450)


Per quanto la rappresentazione dei volumi e dello spazio nel Quattrocento sia molto più sofisticata di un secolo prima, questa composizione non può che apparire come molto surreale e decisamente poco naturalistica.



Adorazione dei Pastori di Andrea Mantegna (1450)




Adorazione dei pastori del Ghirlandaio (1485)



Nei primi del Cinquecento diversi artisti inseriscono svariati elementi simbolici nelle Natività, inaugurando il filone delle cosidette “natività mistiche”


Lo stesso Botticelli ne dipinge una, molto famosa, nel 1501.





Il buon Sandro, famoso per i suoi dipinti mitologici alla corte del Magnifico, decise di dedicarsi più spesso a tematiche religiose , influenzato anche dalla predicazione di Savonarola (e dalla sua fine sul rogo).


Questo è un dipinto molto particolare perchè riprende delle convenzioni medievali e bizantine, ma realizzate con uno stile molto decisamente più evoluto tipico del pieno Rinascimento, di cui Botticelli fu sicuramente tra i protagonisti.


La Natività Mistica di Botticelli è piuttosto simmetrica e ricorda molto la composizione del presepe che si fa nelle case. Tuttavia Giuseppe torna ad essere malinconico e dormiente come da tradizione bizantina (qua addirittura di spalle!), il bambinello è sempre per terra, ma almeno si muove e sgambetta, a differenza dei precedenti, stesi immobili al suolo.


La Madonna adorante e il bambinello sono chiaramente sproporzionati, troppo grandi rispetto agli altri personaggi. Non si tratta ovviamente di un errore, ma di rappresentazione simbolica del volume, che sottolinea l'importanza dei due personaggi rispetto agli altri.

Quella di rappresentare i personaggi in dimensioni diverse a seconda della loro importanza era un'usanza molto in voga nel Duecento e nel Trecento, che si era via via abbandonata nel corso del Quattrocento (anche se non completamente), secolo nel quale verrà data moltissima importanza alla prospettiva e alla rappresentazione logica dello spazio.


Poi ci sono tantissimi angeli, che danzano sotto un cielo dorato aperto su un cielo reale azzurro (il cielo dorato, anche questa una tradizione bizantina e medievale, è quello spirituale, quello azzurro è quello fenomenico, che da Giotto in poi aveva graduatamente sostituito il cielo dorato nei dipinti religiosi.

Incredibilmente i due cieli di due tradizioni pittoriche diverse, in questo bizzarro dipinto si incrociano, in una soluzione direi piuttosto coerente (il cielo dorato si vede da uno squarcio del cielo azzurro).


Oltre agli angeli in gloria, ci sono angeli sulla capanna, e tre angeli in primo piano, che rappresentano le virtù teologali (fede, speranza e carità) che baciano e abbracciano delle persone, per rappresentare simbolicamente la concordia tra le virtù del cielo e gli uomini.


Bella, bravo Botticelli, ma un po' troppo dogmatica la tua Natività Mistica.


Una Natività Mistica decisamente più fantasiosa è quella di Matthias Grünewald del 1512/15.



(La faccia della Madonna, per la cronaca, è stata completamente ridipinta nel Settecento.)

Si tratta di un dittico con due scenari molto diversi, tanto che se non fosse per degli elementi che si completano da una parte all'altra (il mastello in primo piano e il gradino) sembrerebbero due quadri diversi.

A sinistra una costruzione riccamente decorata che richiama allo stile tardogotico, con complesse immagini che rappresentano probabilmente l'allegoria dell'incarnazione.

La Vergine incinta è rappresentata emanante una calda luce dorata, probabilmente ispirata alle parole della mistica Brigida di Svezia, che descriveva Maria come “colei che genera Cristo, il vero sole”.

In Grünewald l'associazione Cristo/sole ritorna anche nella bellissima resurrezione dipinta negli stessi anni ( di cui accenno alla fine del già citato post sulle “Resurrezioni nell'arte”.)

Viene naturale pensare alla radice della festività cristiana e al suo sovrepporsi a quella del Sol Invictus il quale, lungi dall'essere scomparso, ha preso le sembianze di Cristo.


La tavola sulla destra rappresenta Maria che contempla il bambino tenendolo in braccio, un paesaggio sognante, uno sfumato cielo azzurro squarciato dal cielo mistico dorato, dal quale vediamo scaturire angeli in lontananza e al centro del quale scorgiamo nientepopodimeno che DIO IN PERSONA.

Un dittico in cui si contrappone spazio aperto e spazio chiuso, con effetti luminosi, complesse simbologie, nessun personaggio di troppo (persino Giuseppe risulta non pervenuto). Una Natività Mistica decisamente più epica del presepino di Botticelli (scusa Sandro!).


Visto che si è toccato il tema della luce, siamo perfettamente in tempo per parlare di un altro filone iconografico delle natività, quelle col bambinello luminoso.


I vangeli concordano col fatto che la natività si svolse di notte, il bambinello prendeva il posto della divinità solare precedente. La luce che irrompe nell'oscurità era una facile metafora dell'avvento positivo del divino (la luce) all'interno di un mondo dominato dal peccato (le tenebre).


Già nel prologo di Giovanni si legge: “in lui era la vita e la vita era la LUCE degli uomini. La LUCE brilla nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Veniva nel mondo la LUCE vera, che illumina ogni uomo. (Giovanni 1,4).


Già dalla fine le Quattrocento vediamo rappresentazioni del bambinello luminoso, come nella Natività di Geerten tot Sint Jans del 1490.





La prima natività di una certa qualità con bambino luminoso la si deve ad Antonio Allegri detto il Correggio con “Adorazione dei pastori” del 1525/30, conosciuto anche come “La Notte”.




La mangiatoia è alta, come le mangiatoie-altare bizantine, la madonna tiene in mano il lumiescente pargolo, unica fonte di luce della scena, oltre le tenue luce dell'aurora in sottofondo. Giuseppe in secondo piano, quasi del tutto in ombra , bada agli animali. I pastori sulla sinistra, illuminati dalla luce, contemplano la scena, una di esse sembra ripararsi il volto dalla troppa luce.


Il tema diventerà ricorrente soprattutto in epoca barocca. Ricordiamo quella di Federico Barocci del 1597 





quella di Domenichino del 1606/10 .




A parte qualche variazione originale, come quella di El Greco del 1612/14, in epoca barocca la rappresentazione della natività si codificherà in maniera rigida , anche a causa delle indicazioni dettate dalla Chiesa controriformata.





Vale la pena citare come eccezione  l'”Adorazione dei pastori” di Caravaggio, del 1609, che porta un po' di realismo nella rappresentazione. 





La Vergine è stesa a terra in quella che semra effettivamente una stalla, in una posizione che ricorda quelle bizantine. A destra i pastori adoranti (uno di loro dovrebbe essere Giuseppe, ma ci sono interpretazioni discordanti), sono effettivamente illuminati da una fonte luminosta proveniente dal bambino alla nostra sinistra, ma è una luminosità che si riflette solo nei corpi, senza l'eccessivo effetto luminescente delle natività citate prima.


Tra Seicento e Settecento poi si sviluppa a Napoli la tradizione del presepe con le statuine, che reitera con infinite variazioni la rappresentazione della natività barocca, con elementi della pittura di genere a cavallo trai due secoli (come la pittura dei bamboccianti).

La diffusione della tradizione del presepe con le statuine è un tema a parte, che non conosco, che ha senz'altro una sua dignità artistica, ma che di fatto reitera una formula iconografica che si afferma in epoca tardo barocca e rimane congelata lì. 


Questa tradizione codificata è arrivata nel XX secolo, ha incontrato la produzione di massa, si sono iniziati a produrre presepi ispirati a quella tradizione. Gli artigiani del presepe napoletano ogni anno aggiornano le loro natività con personaggi contemporanei dello spettacolo. Siamo del tutto all'interno del costume e della fenomenologia del consumo pop, nella quale il Natale è finito ormai da tempo. Argomento interessante, ma fuori dal tema di questo post.


Dal momento che la rappresentazione “classica” della natività congela in qualche modo l'evoluzione iconografica dal barocco alla società dei consumi, per concludere questo excursus dovremmo chiederci: l'arte moderna e contemporanea ha portato avanti la ricerca stilistica sulla natività al di fuori della congelata codificazione tardo barocca ?

Nell'Ottocento la tradizione della natività si rinnova in ambito preraffaellita e simbolista, ma non solo.


La Natività del preraffaellita Artur Hughes del 1858, con una giovanissima Maria al centro della scena, che quasi si confonde con gli angeli ai lati.





La nascita di Cristo, figlio di Dio (Te tamari no Atua)” di Paul Gaugin del 1896, in cui il pittore francese trapiantato a Tahiti immagina un universo parallelo nel quale la natività si svolge in Polinesia, con una Madonna indigena in un mondo completamente diverso da a cui ci ha abituati la tradizione.






Interessante la “Natività” di Maurice Denis del 1894, ambientata in un contesto contemporaneo che però ricorda perfettamente nell'atmosfera e nell'uso della luce le natività più tradizionali.




La Natività (futurista) di Sergio Dottori del 1930, troviamo ancora il tema della luce, che stavolta però più che divina sembra elettrica, in uno spazio vagamente cubista, con un impeccabile intrecciarsi di linee compositive che attraversano la scena, il paesaggio, la luce e la volta celeste.





La Natività dell'artista argentino Sergio De Castro del 1950, una composizione tradizionale, ma realizzata in fasce multicolore che ricordano le tradizioni indigene.





Pure Keith Haring tra il 1985 e il 1987 realizza una sua ironica natività su sfondo nero con pennarello dorato, con tanto di angeli, croci e dannati, in un divertente caos decorativo e piuttosto simmetrico.






Nel 2019 Bansky diffonde la sua personale natività composta da un presepe tradizionale con “Scar of Bethlehem” (“cicatrice di Beltlemme”): statuine del presepe tradizionale vengono posizionate davanti ad un muro che rappresenta il muro di protezione costruito da Israele, la stella cometa è il foro di un proiettile.







Marco Lanza dicembre 2022


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