I due "San Paolo" di Caravaggio





Caravaggio ha dipinto due versioni della "conversione di San Paolo":

"Conversione di San Paolo" (prima versione, collezione Odescalchi, Roma)

"Conversione di San Paolo (seconda versione, Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma )

Sì, hanno entrambe lo stesso titolo. La prima versione è molto più dinamica e audace dal punto di vista compositivo della seconda versione, più conosciuta (anche perchè la prima fa parte di una collezione privata).
Michelgelo Merisi le ha dipinte tra il 1600 e il 1601.
Vediamo un po' le differenze.








Nella prima versione i personaggi si intrecciano, Cristo fuoriesce dal buio in compagnia di un angelo. Sappiamo che è Cristo perchè conosciamo la storia, ma nulla lascia trasparire la sua divinità,potrebbe benissimo essere una persona qualsiasi. Sebbene, riguardando meglio la composizione, che la figura sia soprannaturale lo intuiamo anche dalla posizione assolutamente innaturale, che scende dall'alto. E, ovviamente, anche dall'amichetto alato che lo "tiene". Ma ad una prima occhiata sembra soltanto uno dei tanti personaggi di una scena convulsa. Il cavaliere barbuto sembra essere il vero protagonista del dipinto, realizzato per intero, mentre cerca di domare il cavallo imbizzarrito. San Paolo, in teoria il vero protagonista del dipinto, si copre completamente la faccia. Sembra quasi di poterlo sentire urlare, come se gli si fosse conficcato qualcosa nell'occhio. Che io sappia si tratta dell'unico dipinto di un santo in cui la faccia del santo non si vede. Paolo è "accecato", come si legge negli Atti degli Apostoli, sebbene la scena non presenti spiccati fasci di luce ( forse un'illuminazione interiore?).







La seconda versione, molto più famosa, presenta una scena molto più tranquilla. Paolo è rappresentato per intero, ma a testa in giù. Niente Cristo e angelo, Paolo è semplicemente illuminato e ad occhi chiusi. Non sembra stia particolarmente soffrendo, sembra quasi qualcuno che ha appena fatto uso di sostanze psicotrope e sia in preda ad uno svarione. Un esperienza sicuramente molto vicina all'idea di “possessione” divina che Caravaggio ha voluto esprimere, forse. Il cavaliere fiero e rappresentato per intero del primo dipinto, è qui sostituito da un vecchietto che porta il cavallo, probabilmente un servo, non sembra per nulla un cavaliere. Il primo cavaliere doveva domare il cavallo imbizzarrito, il vecchio di questo dipinto non ne ha bisogno: il cavallo è bello tranquillo , ha una sola zampa alzataa. Egli procede placido, quasi per nulla impressionato dal futuro padre della Chiesa per terra in preda alla sua crisi mistica. Lo guarda appena come dire “ma che davero?”. Non capisce, la bestia, che uno dei più importanti eventi fondativi di quella che diventerà la maggiore religione d'occidente è sotto i suoi occhi. Nemmeno il vecchio in realtà pare capirlo. La visione e conseguente caduta da cavallo di Paolo sulla via di Damasco sembra semplicemente l'inconveniente di un viaggio tranquillo. Nemmeno qui , a dispetto del soggetto della tela, Paolo sembra essere il vero protagonista. La figura che occupa maestosamente la tela è proprio quella del placido equino, splendidamente rappresentato (tanto che molti critici chiamano l'opera, scherzosamente, “La conversione del cavallo” LOL ).


Ma si poteva dare tutto questo spazio ad un cavallo in un quadro rappresentate una scena con un santo?

Ovviamente no.

Dopo il Concilio di Trento il cardinale bolognese Paleotti scrisse un tomo di oltre 200 pagine in cui spiegava per filo e per segno agli artisti come rappresentare i loro quadri per servire al meglio la causa controriformista. E scrive chiaramente che gli animali si possono rappresentare, certo, ma il vero centro della scena deve essere il santo.
Caravaggio se ne frega, va avanti con la sua ricerca artistica e riesce comunquea vendere i suo quadri a preti e cardinali.

Anche da queste cose si capisce che è stato un vero genio.

Uno dei pochissimi della storia dell'arte.

Ricordatevelo, quando usate il termine “genio” o “geniale” per delle scemenze totali qui sui social.



Marco Lanza

scritto su facebook il 25 gennaio 2021

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